CAPITOLO 3
"... un giorno piangeranno lacrime vermiglie di dolore... "
SHARKSNHICK capitano delle truppe uruk di Dol Guldur

Viaggiarono senza sosta tra sentieri impervi e brughiere desolate, corsero giorno e notte come solo spiriti dannati e annebbiati dalla sete di sangue possono fare, il guercio conduceva la compagnia cantando rude note di rabbia e distruzione, nessuno si guardava le spalle o gemeva per la stanchezza, erano gli schiavi dell'occhio senza palpebre... erano i suoi messi di morte.
Nel tempo previsto giunsero al limite settentrionale della distesa silvana del Cet, rimasero silenziosamente in attesa sulla cima di un collina a scrutare il manto verde della foresta, laggi?, si laggi? avrebbero trovato di che saziare la loro sete.
Si accamparono senza accendere alcun fuoco, nessuno dorm? nonostante la stanchezza delle membra si facesse sentire come un peso schiacciante... la bramosia di distruzione aleggiava nell'aria.
Volkar stringeva spasmodicamente l'impugnatura della sua pesante mazza ferrata, i suoi occhi neri e carichi di rabbia fremevano folli nella trepidante attesa che il capitano desse il segnale per ergere al di sopra delle pacifiche popolazioni elfiche il grido disumano della furia uruk.
Il guercio si alz? e battendo la spada sul pettorale dell'armatura richiam? l'attenzione di tutti.
"Io no dire voi fate attenzione, io no dire voi agire silenziosi..." Ringhi? a denti stretti.
"IO ORDINA VOI TUTTI DI DISTRUGGERE! VOI MACELLERETE OGNI COSA SI MUOVA! VOI DARETE FUOCO A TUTTO! VOI FARETE SENTIRE CHE OKKIO TORNATO! VOSTRE GRIDA PORTARE DISPERAZIONE E MORTE! PER MORDOR! AVANTI URUUK!"
Tuon? il capitano.
Urla di frenetica esultanza si alzarono terribili nel cielo notturno.
La compagnia si lanci? dentro la fitta boscaglia appiccando fuoco ad alberi, arbusti e alle capanne dei boscaioli.
Incrociarono i primi oppositori dopo circa un ora di devastazione, le frecce sibilavano nell'aria mentre il guercio sbraitando guidava l'orda di distruzione.
Morgath mulinava la sua grande spada uccidendo e mutilando tutto quello che si parava lui innanzi, la sua voce era stridula e folle, i suoi occhi sgranati in un insano sguardo omicida.
Shnikt urlava bestemmie mentre bruciava la dimora silvana degli elfi del Cet.
Kronos pronunciava parole empie e cariche di rancore spettrale risucchiando con gusto disumano l'anima dai corpi dei priminati che nascosti tra le fronde dei secolari alberi del Cet scagliavano frecce sui messaggeri di Sauron.
Il guercio avanzava menando terribili fendenti lasciando dietro di se un tappeto di cadaveri contorti e maciullati.
L'occhio fiammeggiante li stava osservando assaporando l'agonia di quella terra straziata, la sua benedizione avrebbe reso eterno quel giorno nel cuore dei suoi seguaci.
Avanzarono come un onda inesorabile attraverso le difese elfiche portandosi sino al villaggio di Arceto ove distrussero campi e case ammazzando e uccidendo brutalmente tutto ci? che capitava a tiro delle loro armi.
Il villaggio era in fiamme, il fumo nero si alzava come un immensa colonna nel cielo albeggiante, sul sentiero ove giorni addietro i contadini portavano i prodotti della terra alla vicina citt? di Brea ora giacevano senza vita i corpi di donne, uomini, bambini e animali.
Il guercio era seduto con la schiena poggiata ad un albero, masticava disgustosamente la testa di un piccolo neonato.
Delle urla femminili si levavano dalla finestra di una delle poche case rimaste in piedi la voce crudele e suadente di Kronos sibilava in risposta mentre rendeva suo un amore che mai gli era stato concesso.
Morgath era intento a impalare i cadaveri di uomini e elfi per le vie di Arceto.
Shnikt frustava sadico un vecchio contadino che nella sua lunga vita mai aveva assistito ad una distruzione tale.
Quel giorno sarebbe stato ricordato a lungo come una ferita troppo profonda per potersi rimarginare da sola, il signore oscuro era giunto, le tenebre erano calate inesorabili nel cuore di un luogo pacifico e tranquillo.