Di seguito trovate il quinto ed ultimo episodio della serie di racconti scritti da Xeandra appositamente per Battlecraft e la Community Challenge 2011, tutti ambientati nelle Arene di World of Warcraft. Se volete leggere altro materiale realizzato da questa nostra amica, visitate la sezione Racconti del forum.

Ci teniamo a ringraziare pubblicamente Xeandra, che non è un membro della nostra Redazione, ma un utente come tutti voi, per aver partecipato con così tanto entusiasmo a questa divertente gara tra i Fansite ufficiali Euoropei di World of Warcraft. I suoi racconti sono stati fondamentali, indipendentemente dal risultato finale che riusciremo ad ottenere. Avete amato anche voi queste brevi, ma intense, storie? Potete ancora dimostrare il vostro supporto a Battlecraft votando nell'ultima Screenshot Challenge (clicca qua per votare).

Aiutaci coinvolgendo amici e compagni di gioco, se alla fine vinceremo, Xeandra vincerà con noi, tu vincerai con noi.

"La scelta ultima di un uomo quando è portato a trascendere se stesso è
creare o distruggere, amare o odiare."

Erich Fromm

Un calore opprimente faceva da sfondo alla rena intera, ustionandogli la carni.
Si era passato il dorso della mano sotto il mento, raccogliendo il sudore e scartando di lato, la lama di un'ascia bipenne sfiorargli l'avambraccio, mancandolo di pochi centimetri.
Roteando al suolo, si rialzò parzialmente, un braccio nella sabbia e l'altro stretto sul fianco.
Faceva male.
Dannatamente male.

Il sangue colava denso da una ferita troppo grande per il suo costato di elfo, la rabbia per una vendetta non ancora consumata un fuoco inestinguibile che gli dava forza e coraggio.
Krieor squadrò il suo avversario cauto, le regole a cui era stato addestrato, piegando la propria lucida coscienza, diventare un magma informe in cui il volto di un fratello dimenticato emergeva tristemente.
"Tu morire, ora. Tu morire. Io rompere testa, ya!" aveva grugnito il troll caricando.
Nonostante l'imponente massa, Rothgar era rapido e veloce, il campione su cui tutta Orgrimmar aveva scommesso.
Espirò bruscamente, flettendo le cosce e scattando in avanti, saltando, in un unico movimento fluido, l'arma del troll.
Quando i piedi di Krieor toccarono di nuovo terra, sentì chiaramente il suono, per nulla rassicurante, di un osso che andava in frantumi: probabilmente era la sua caviglia.
Con un gemito strozzato si costrinse a rimanere eretto, sguainando le lame gemelle ed incrociandole davanti a lui, l'aria farsi improvvisamente elettrica.
Il troll sorrise, arricciando le labbra e snudando le zanne, la chioma fulva una macchia di fuoco sullo sfondo caliginoso.
"Tu essere stupido. Stupido come quel piccolo elfo della Notte che ho ucciso mesi fa. "
La pupilla di Krieor si restrinse, uncinando l'argento di un'iride in cui dolore e collera, frustrazione e colpa, si mescolavano tra loro creando un mosaico d'inferno.
Digrignò i denti, rafforzando ulteriormente la presa intorno all'elsa della spada, il primo fulmine che attraversava l'aria, squarciando pensieri ed urla.
Lo odiava.
Un odio che non lo abbandonava mai, sussurrandogli nenie di morte e cantandogli fillastrocche d'incubo, carezzandogli i capelli con dita affilate ed unghie di bestia.
Un odio che era nato nel momento stesso in cui aveva assistito, impotente, alla caduta di Jerah, il cui sangue ancora copriva i suoi sudici piedi di troll, nutrendo le speranze oscene dei signori dell'arena.

Rothgar era sempre stato il campione, l'eroe che faceva scorrere fiumi di denari dentro e fuori dalle casse della città degli orchi, dando nuovo lustro alla professione di bellator.
Rothgar era anche colui che gli aveva tolto l'ultimo residuo di una famiglia ingoiata eoni prima da un massacro silente, aprendo in due il corpo del fratello come se fosse stato fragile argilla, trascinandolo per tutta la rena e lanciando ciò che ne restava agli spettatori, macabri trofei che sancivano una schiacciante vittoria.
Non aveva mai messo in dubbio il proprio astio per quella creatura, troppo radicato e troppo vivo per essere messo da parte.
Aveva visto la paura di Jerah, l'adrenalina spargersi intorno a lui come un profumo nauseante, facendogli reprimere un conato.
Ne aveva visto le ferite, gli affondi feroci con cui era stato decapitato, negli occhi argentei, specchio dei suoi, il terrore più puro, cristallino.
E lo sguardo soddisfatto di Rothgar gli si era impresso a forza nella retina, un'immagine che gli aveva scarnificato l'animo, distruggendolo e creandone uno nuovo, oscuro quanto il cielo sopra di loro.

Era stato allora che il seme della vendetta aveva trovato terreno fertile nel suo cuore, germogliando poi nella spasmodica ricerca dello scontro.
Uno dopo l'altro, aveva annoverato tra le sue vittime i maggiori gladiatori che l'arena di Orgrimmar fosse stata in grado di offrirgli, ascendendo al titolo di Maestro ed insegnando loro che la morte non era la cosa peggiore che potesse capitare.
Il suo spirito era pregno di sentimenti che nessun Elfo della Notte avrebbe mai voluto rivendicare: uno strano miscuglio di ambizione e vergogna, rimorso ed implacabile furia.


Aveva inclinato il capo verso destra, negli occhi vuoti si rifletteva il genuino sconcerto di Rothgar, troppo stupido o troppo sicuro di sè per capire cosa stava per succedere.
Un fulmine si delineò nell'aria, colpendo alla gamba il troll e costringendolo a retrocedere.
Il grido di dolore di Rothgar si levò verso gli astanti, una nebbiolina ferrugginosa coprirgli i polmoni, il sapore del sangue un balsamo giù per la gola.
Krieor sorrise, roteando le sciabole quasi fossero un balocco per bambini.
Non era sano e non era giusto.
Non gli era stato insegnato ad uccidere e neppure ad esigere sangue in cambio di sangue, ma a lui non importava.
Aveva creduto, aveva pregato, aveva combattuto per Darnassus, ammantandosi di una legge che non sentiva nemmeno sua, cogliendo nel baluginio luminoso di Tyrande Whisperwind la speranza.
Ma erano state solo menzogne, un putrido inganno in cui si era ritrovato ancor prima di poter comunicare il proprio diniego.
La guerra della shifting sands gli aveva strappato i genitori, obliando il loro ricordo.
L'arena, con il suo campione, l'aveva defraudato dell'ultima cosa che era rimasta del suo passato, mettendolo davanti ad un'alba priva di futuro.
Ora, toccava a lui.

Spiccò un balzo netto, pulito, inciso nell'agilità tipica della sua razza, aumentando l'estensione della tempesta sopra di loro.
Spostò il braccio all'indietro, caricando il colpo finale, le abilità di Rothgar troppo occupate ad evitare le saette che gli danzavano intorno.
Un gioco studiato e calcolato di violenza e brutalità, qualcosa che ogni elfo della Notte avrebbe ripudiato: ma non lui.
Colpì il troll con un calcio allo stomaco, stordendolo con un pugno portato alla mandibola, fratturandogliela.
Non potevano continuare per sempre, lo sapevano entrambi.
E fu con questa consapevolezza ed il sorriso di Jerah nella mente che Krieor calò entrambe le lame sul collo taurino del troll, recidendogli nervi e carni.
Fu con la disperata urgenza degli orfani che infierì sul corpo, montando su di una picca la testa del perdente, il campione che gli aveva tolto tutto.

La folla urlava il suo nome, il cielo schiarirsi di colpo, mostrando, spietato, una rena in cui tutto aveva trovato la sua fine.
Era caduto in ginocchio, portandosi le mani al viso in un gesto di resa incondizionata.
Sentiva il suo nome rimbombargli nelle lunghe orecchie, la terra tremare del boato eccitato della gente, i petali di fiore dedicati al vincitore sfiorargli la pelle.
Pianse, raccogliendo in quelle lacrime tutta la dignità e l'innocenza che gli erano state rubate.
Pianse, sentendosi spento, un fuoco languido sotto le ceneri.
L'arena gli aveva distrutto la vita, lasciandolo in una inerte agonia, e lui, con l'ottusa convinzione dei sopravvissuti, le aveva tolto il suo più grande campione, il figlio che ogni teatro degli orrori avrebbe voluto possedere.
Eppure, nella luce del crepuscolo, versando bile e sale davanti un sole morente, l'ultima domanda lo devastava, annientandolo.
"Sei infine soddisfatto? Sei adesso pago? Hai avuto quello che volevi?"
E la sua risposta sembra perdersi nella risata ruvida e velenosa di un'arena che non conosce null'altro che una puttana dalla falce affilata.
A cui hai affidato il tuo cuore.Statistiche: Inviato da Ligario — 17-06-2011 10:54 — Risposte 0 — Visite 43



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